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Ferrovia

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Ivan e una Brescia che sembra troppo stretta per lui. Ivan e Anna. Poi Ivan e Bologna. Ivan e, soprattutto, un viaggio, non solo metaforico, di iniziazione e di ricerca di se stesso, in uno spaccato splendido e ricco di particolari, scritto con uno stile gradevole ed azzeccato.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 45300 parole (tempo di lettura: 142-206 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: A.Zanardi
Download: non disponibile
Estratto:

1

Molto sinceramente, ricordo che un bacio fu l’inizio di tutto, al contrario del solito che i baci concludono le storie e vissero tutti felici e contenti; un bacio in mezzo alla folla sotto il sole obliquo di un Lunedì mattina di Dicembre, io tenendo con una mano i suoi morbidi capelli scuri e con l’altra la sua mano, lei con la mano libera sul mio fianco, il nostro primo bacio, liberatorio, esplosivo, dopo mesi di una strana amicizia che non si sapeva dove volesse andare a finire. Riaprii gli occhi e non c’era più nessuno, le persone intorno erano diventate come fantasmi. C’era solo lei, bella e calda finalmente di fronte a me e mia, mia; adorabile ragazza, amica, amante finalmente. Fosse arrivata dieci minuti dopo avrei semplicemente preso quel treno e nient’altro… ma ero ancora in coda per il biglietto quando l’avevo vista arrivare di corsa, lo sguardo spalancato alla mia ricerca, il petto suo meravigliose colline ansanti per la corsa, il fiato che usciva impetuoso. Il suo classico giubbino nero e bianco, la sciarpa nera – mia, un tempo – avvolta a doppio giro intorno al collo, cadente e artisticamente trasandata. Mi vide e mi raggiunse. Mi mise una mano sul braccio, sotto lo sguardo di disprezzo degli altri in coda, una vecchia con la pelliccia economica rovinata, un carabiniere di leva col pizzetto e lo sguardo superbo, un signore barbuto con la ventiquattr’ore.
– Ivan…
Nient’altro. Ma il suo tono tra l’implorante e l’incazzato lo conoscevo bene, mi diceva tutto, l’ansia, la rabbia, la sorpresa, la paura. Ero egoisticamente orgoglioso di quella paura, paura di perdermi. Non le risposi subito, era arrivato il mio turno.
– Un biglietto per Bologna, sola andata. Grazie.
Attesi che la signora coi capelli tinti e uno scintillante pullover rosso mi consegnasse il cartoncino bianco-arancione insieme al resto. Dolce morbido biglietto con gli smussi arrotondati come per dimostrare di essere innocuo, ma noi sapevamo, oh sì non c’ingannava, conoscevamo la sua potenza, la potenza di un biglietto ferroviario: la potenza del viaggio, dei chilometri che cambiano la tua anima, insieme alle tue coordinate. L’allargamento dei tuoi confini, l’ampliamento del tuo orizzonte, la ricerca della tua dimensione: tutto questo risiede spesso in un biglietto ferroviario. E io presi quel biglietto bianco arancione rotondo prezioso perfino pesante mi sembrava, e lo misi con cura nel portafogli nero. Poi la guardai.
– Ciao, Anna. Che vuoi?
Quei suoi occhioni castani mi uccidevano. Sapevo benissimo cosa voleva, ma nel frattempo io mi ero stancato di aspettare. E lei con voce acuta mi intimò: – Dove stai andando? Non puoi partire!
Freddo e per nulla sorpreso la fissai. Raccolsi le borse e mi spostai all’aperto, vicino al binario. Mi venne dietro, tenero dolce docile cucciolo.
– Non puoi andartene! – insistette – Non puoi.
Attesi qualche gelido istante prima di replicare: – E perchè non posso?
Rimase disorientata, o forse aveva paura di rispondermi. – E tutti quelli che ti vogliono bene? – s’inventò lì per lì.
– Tutti quelli che mi vogliono bene capiranno che è meglio per me. Mi dispiace lasciare alcune persone, quelle a cui tengo di più… come te – e così dicendo le sfiorai una guancia con le dita infreddolite – ma non ci resisto più… la vita qui non mi basta.
– Tu non ci tieni a me, altrimenti non te ne andresti! – Patetica mi sembrava ma pure sinceramente dispiaciuta, forse realmente interessata.
– No, non è così. Io ci tengo…
– Non è vero! – m’interruppe bruscamente. Odio quando mi interrompono.

…continua…

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