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Storia di un ragazzino elementale

7 min read

L’avvincente percorso di una creatura degli elementi, la sua fuga dalla strega, la sua ricerca di ciò che lo renderà potente, la sua missione.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 8600 parole (tempo di lettura: 26-40 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: A.Zanardi
Download: non disponibile
Estratto:

Prima ricerca



La notte non è per niente infida e io come la notte mi muovo prevedibile eppure invisibile, è un questione di fluidità, e una questione di elementi, il fuoco mi spunta dalle mani, la pietra l’ho in fondo all’anima e l’acqua è tutto il resto del mio essere, mi manca di essere veloce come il vento, mi manca di essere leggero come una brezza ed è per questo che devo viaggiare a torso nudo, per ricevere sulla pelle i segni del freddo, per imparare ad essere aria. Cercherò più a fondo dentro all’anima della strega fino a farle male, cercherò più a fondo nel suo corpo a costo di vivisezionarla, lo sapevamo tutti e due che nel momento stesso in cui mi fossi separato da lei saremmo diventati nemici sanguinari. Ma i buoni nemici valgono la pena di essere odiati.

La mia ricerca è iniziata in un tugurio ai confini del distretto stretto tra troppi vasi e paccottiglie con addosso l’ansia di liberarmi dalla mia povertà, una tensione sufficiente a farmi scavalcare quel fiume stregato da anni e anni di maledizioni silenziose. E la mia strega preferita non mi ha visto uscire, non mi ha visto preparare una sacca semplice con la mia pietra e i pochi appunti che le ho rubato, non mi ha visto scappare silenzioso all’alba alla ricerca del mio primo passo. Sapevo di averlo, ma sapevo che non l’avrei mai trovato se rimanevo lì a servire la mia dominatrice. Lei è una principessa segreta, dice, lei ha un potere della madonna ma fatica a convincerne il mondo, è tenace, sa osservare e quando vuole fare qualche scherzo alla natura riesce a compierlo. Attenzione, sto parlando della natura. Non è proprio una forza facile da controllare, per chi di voi non lo sapesse, e ci vuole un bel fegato da trovare in una ragazzina sperduta che non ho ancora capito da dove viene dopo dieci anni passati accanto a lei. L’ho vista spostare le nubi da sola. Io non la potevo aiutare ne contrastare, non ancora, ero lì impaurito a guardarla e mi sono pisciato addosso.
Ma a un certo punto ho detto basta. Lei era troppo pericolosa e io ero troppo passivo nelle sue mani. Così freddo come il ghiaccio sono partito senza preavviso, e il primo punto era il fuoco.
La mia pietra è un piccolo rubino di forma approssimativamente ottagonale, ma con molte più sfaccettature, molte più varietà di aspetto, e un colore che sembrano mille senza tuttavia cambiare mai definitivamente, un po’ come certe musiche lontane che si fissano su ciò che sta in mezzo tra una nota e l’altra e ne inventano di nuove, sfumature apparentemente irrilevanti che appena individuate e apprezzate diventano essenziali. Chissà se pure tra gli elementi esistono queste piccole sfumature.
Io l’ho capito subito che era una questione di elementi. Lei li metteva in tutti i suoi progetti, c’erano sempre questi elementi da collezionare perché ne potesse venire fuori qualcosa di buono e io ho capito subito che poteva valere anche per me, quando mi diceva che un giorno anch’io avrei funzionato a dovere, ho capito che dovevo assorbire qualcosa e che se rimanevo lì primo, ci avrei messo una vita a ricordarmi chi ero secondo, nel momento in cui avessi trovato qualcosa lei mi avrebbe fatto del male oppure me l’avrebbe rubato e quindi…

Sono per la strada mentre sento le prime avvisaglie del primo potere, sto arrivando in una città con la mia solita sacca leggera appesa dietro e sento un formicolio alle mani, sento quell’aria tesa come prima di un incontro a corte, un sibilo leggero dentro il collo, niente di definibile, comunque. Mi guardo le mani e sono rosse, per il freddo penso io, ma non ho freddo un cazzo, sto bruciando per la gioia e per la gloria che intravedo. Sono piccolo e nessuno in città mi degna di nota. Meglio così, è stato meglio così, io adoro essere sottovalutato. Così mi intrufolo pian piano come un contadino in una bottega qualunque e prendo del pane, guardo oltre le persone e loro guardano oltre me, di fatto NON mi vedono mentre io esco e mangio il mio pane. E ho sempre meno freddo. Tutto funziona liscio, entro in una taverna per farmi offrire da bere e a grandi sorrisi riesco a farmi posto in una compagnia di uomini belli e quieti, mi tengono con loro, io racconto qualche strana storia che ricordo tra le leggende e le realtà che la strega dava in pasto alla mia anima quand’ero piccolo – per farmi crescere in fretta, ovviamente – e poi io dico loro che non ho famiglia, divertente, io lo dico come un fatto, come il mio nome, o la mia età, e loro invece si fanno impietosire, chissà, magari hanno nostalgia dei loro figli, così quando sentono che sono appena arrivato e che non ho un posto dove stare mi invitano da loro, in una casaccia dove dormono in una decina più o meno. perché no, amici miei?
Presto mi prendono in simpatia questi uomini grandiosi, che s’alzano prima dell’alba e lavorano come folli e poi arrivano distrutti a casa e vanno a letto, sono lontani dalle famiglie, sono così lontani… io li apprezzo, loro mi trovano un lavoro insieme a loro in una falegnameria vicina, è un lavoro duro ma mi piace così, intuisco che così crescerò in fretta. Già la strega mi ha riempito di vita tanto da farmi fare passi da gigante e adesso con questo nuovo spettacolare ritmo continuo a guadagnare, continuo a rubare al tempo, chi mi guarda bene negli occhi rimane un attimo sorpreso, non riesce ad associare il mio corpo giovane giovane alla profondità del mio sguardo. Poveretti, devono solo crescere, penso io. Anche se così a occhio e croce mi sembrano tutti fermi, qua in giro.
Comunque sono orgoglioso di questo destino che si snoda esattamente come speravo, sono entusiasta di questi amici che mi hanno preso tra di loro, tanto li adoro che non mi pesa concedermi alle loro voglie notturne, loro così soli e io così giovane e bello, mi prendono ma sempre con rispetto. Io cresco, ogni botta nella schiena è un giorno di certezze guadagnato nella vita. Io cresco, ogni volta che mi bagnano sento la mia pelle che s’indurisce e presto sarà attraente anche per altri tipi di esseri umani.

Io sono lì a lavorare e procedo spedito come un treno e il padrone mi nota e si incuriosisce e io appena vedo i suoi occhi posarsi su di me mi metto all’erta e appena capita una buona occasione mi insinuo da lui in un pomeriggio tardo senza nessuno in giro e sono così bravo che lui mi adora subito e pochi giorni dopo cambio di mestiere; il padrone vuole che io tenga i conti con lui e allora mi vuole mandare a studiare e mi chiede quanti anni ho ed è un po’ perplesso quando gli rispondo che ne ho dodici. E studio che sono un portento. Sapevo già tutto, Lei mi aveva detto quel che dovevo sapere, non ci sono segreti per me e e in poche settimane sono un contabile perfetto. Ho da scrivere e da lavarmi e da mangiare, e non devo fare molto di più che lavorare con la metà del mio impegno. Poi tengo il resto per progettare i miei piani di battaglia, e per perdermi nei ricordi di lei, nei sogni proibiti di quando tornerò da lei e la violenterò dopo averla bastonata, la ridurrò in poltiglia e le sputerò addosso prima di andarmene. Con addosso il sudore di qualche uomo mi deposito sulla mia panca al piano sopra della falegnameria e la dipingo, la racconto, scrivo il suo nome – il nome con cui IO la conosco – centinaia di volte attorno a un foglio e a uno strano simbolo che mi viene da dentro naturale quando cerco di abbozzare qualsiasi cosa.
Passano così tre anni quasi invisibili e le mie pagine sanno di infinito. C’è dentro lei e tutti gli uomini che ho avuto e tutti i miei progetti e tutta una cazzo di energia che non capisco bene da dove viene ma so che lo capirò, e allora non mi fermerà più nessuno. Mi guardo allo specchio dopo certe sere estatiche di creazione e ci vedo il fuoco. Il fuoco copre la mia profondità, mi maschera, mi dà tutta la forza di cui ho bisogno. C’è il fuoco nei miei occhi e nelle mie pagine. Il primo elemento è catturato. Il primo potere è mio.
Una notte dolce e splendente mi alzo dalla panca, requisisco uno dei machete con cui incidiamo il legno, vado nella camera del padrone e lo decapito senza che sia stato fatto alcun rumore. Poi torno nella casa dove mi avevano ospitato, trovo la mia sacca con la pietra e gli appunti di lei, la prendo, poi barrico la casa dall’esterno e le dò fuoco, il mio amato fuoco, il mio amato potere, il mio primo elemento. Corro per tutta la notte senza mai stancarmi come un lupo in fuga e mi ritrovo in una foresta fredda, devo andare a cercare il mio secondo potere, devo imparare a vivere in un altro modo. Adesso viene il bello.

…continua…

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