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Cronaca familiare

4 min read

BUR Biblioreca Universale Rizzoli

Narrativa romanzo

Pagg. 164

ISBN 9788817076470

Prezzo Euro 10,00

La consolazione 

Cronaca familiare è un romanzo indubbiamente autobiografico che parla dei non certo facili rapporti fra Vasco Pratolini e il fratello Dante che i genitori adottivi hanno ribattezzato con il nome di Ferruccio. La storia familiare dell’autore è indubbiamente complessa ed è caratterizzata da distanze fra i suoi membri, con la madre che muore presto di spagnola, con il padre che va a vivere con un’altra donna senza avvertire la necessità di allevare i figli, con Vasco che viene accudito dalla nonna materna e con Dante, di fatto adottato dal maggiordomo di un lord inglese. Quest’ultimo è cresciuto in un ambiente totalmente diverso, rigido, ma indubbiamente ricco, quell’agiatezza che per Vasco è solo una chimera, costretto ad arrangiarsi fin dalla pubertà. Fra i due i rapporti formali dei primi anni dell’infanzia sono scemati presto, perché troppo diversi sono i mondi in cui vivono, ma non si tratta solo di un distacco, perché Vasco è ossessionato da quanto fin da piccolo sentiva e che cioè la causa della morte della madre era stata proprio il fratello Dante, che lei aveva da pochi giorni dato alla luce. Casualmente si incontreranno e da adulti vivranno appassionatamente quella vita da fratelli che prima non avevano mai avuto. Sarà un periodo intenso, in cui Vasco darà tutto il suo amore per far perdonare a se stesso quell’astio derivante dall’errata notizia della causa della morte della madre, ma sarà un periodo breve, perché Dante, ritornato nel mondo in cui era nato e quindi alla pari del fratello, si ammalerà di una malattia tanto grave quanto sconosciuta e morirà, raggiungendo idealmente quella mamma che non poteva aver mai conosciuto. Cronaca familiare è un’opera che esce un po’ dai canoni delle autobiografie e che rappresenta invece il desiderio dell’autore di porre un tardivo rimedio ai rimorsi della sua coscienza, tanto che molto opportunamente scrive in premessa: “ Questo libro non è un’opera di fantasia. É un colloquio dell’autore con suo fratello morto. L’autore, scrivendo, cercava consolazione, non altro. Egli ha il rimorso di avere appena intuita la spiritualità del fratello, e troppo tardi. Queste pagine si offrono qiondi come una sterile espiazione.”. E il libro mantiene quanto indicato in premessa, in pagine sofferte, che sembrano scritte con le lacrime e in alcuni casi addirittura con il sangue, in una storia di un’infanzia tribolata e priva del senso della famiglia, fatta eccezione per la nonna, che verso i nipoti ha un affetto materno, quella nonna che ormai vecchia e ridotta all’ospizio, dove poi morirà, sarà l’elemento chiave per riavvicinare i fratelli. A una prosa scarna si alternano momenti di autentica poesia, fra i quali mi permetto di ricordare le pagine in cui si descrive la dipartita appunto della nonna, ma anche la fine, le ultime righe non sono da meno, perché quest’opera è come una sinfonia che per ritmo e risonanze mi ricorda il Canone di Pachelbel. E’ una musica che entra direttamente nel cuore, sono note sublimi che rendono partecipi del dramma dell’autore.

Vasco Pratolini (Firenze, 19 ottobre 1913 – Roma, 12 gennaio 1991). Di famiglia operaia, è costretto a interrompere gli studi e svolge mestieri diversi per potersi mantenere.
Autodidatta, entra in contatto con l’ambiente degli artisti e degli scrittori che gravitano attorno al pittore Ottone Rosai, frequentandone la casa.

Pratolini comincia a collaborare al periodico «Il Bargello» e diviene redattore con Alfonso Gatto, nel 1938, della rivista «Campo di Marte». Nel 1951 si trasferisce a Roma, città nella quale vivrà da allora in poi.
Le sue prime esperienze narrative (“Il tappeto verde”, 1941; “Via de’ magazzini”, 1941; “Le amiche”, 1943; “Cronaca familiare”, 1947) compongono il ritratto di un’infanzia e di una giovinezza piuttosto picaresche.

Il registro adottato, sin da quelle prime prove, si pone a mezza via fra il realistico e il lirico.
“Il quartiere” (1943) è un affresco corale che narra della presa di coscienza del sottoproletariato urbano. 
Gli stessi temi sono riproposti, con tono appena più svagatamente satirico, ne “Le ragazze di San Frediano” (1949), e trasposti poi in una più approfondita lettura psicologica in “Cronache di poveri amanti” (1947).

Pratolini svolge con successo, in questi anni, anche un’attività di sceneggiatore e soggettista cinematografico, e intraprenderà in seguito una carriera di autore di testi teatrali (“La domenica della povera gente”, 1952; “Lungo viaggio di Natale”, 1954).

Nel 1955 pubblica Metello (premio Viareggio), primo romanzo di quella che diverrà la trilogia “Una storia italiana”, essendo completata da “Lo scialo” (1960) e da “Allegoria e derisione” (1966).
Nella trilogia, la vita dei fiorentini, descritta attraverso la caratterizzazione di personaggi emblematici del proletariato e della borghesia, diviene il microcosmo in cui analizzare lo svolgimento di dinamiche sentimentali e politico-sociali.

Alla città e al mondo dell’adolescenza sono dedicati ancora un romanzo, “La costanza della ragione” (1963), e le poesie raccolte in “La mia città ha trent’anni” (1967). Alcune «cronache in versi e in prosa», scritte dal 1930 al 1980, sono riunite nel volume “Il mannello di Natascia” (1984, premio Viareggio).

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