Detroit Torino Hollywood
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 2400 parole (tempo di lettura: 8-10 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Enrico Miglino
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Estratto:
Detroit Torino Hollywood
Il ventennio fra gli anni ’50 e ’70 ha visto rappresentati sulla scena politica di Torino due momenti contrapposti. Il primo decennio è un periodo che si getta alle spalle il ricordo ancora vicino della grande guerra e che vede nascere, dalla classe operaia prima e dagli studenti negli anni successivi una coscienza di classe destinata a diventare, con il coinvolgimento del mondo culturale cittadino un fatto di più ampie proporzioni. Il decennio successivo vede lo spostamento verso una sinistra ideologica di movimenti ed idee che fervono in quegli anni per poi giungere ad un allontanamento da queste posizioni, di fronte alla degenerazione ideologica che cadrà in buona parte sotto la logica del terrorismo fino a creare, ai confini della sinistra culturale ed attivista dei veri e propri demoni.
Questo apparente disordine, in realtà frutto di esigenze di rinnovamento che seguono una linea evolutiva precisa, ha fatto sì che Torino potesse essere il tramite ideale per rivolgimenti di maggiore portata nel mondo dell’arte non solo figurativa operanti in Europa e negli Stati Uniti. Attraverso Torino sono transitate idee e personaggi che hanno intessuto per anni un complesso intreccio di relazioni lasciando una profonda memoria storica ed opere, specchio di situazioni creative che, come l‘Arte Povera, non solo entrano in dissenso con la tradizione artistica contemporanea ma definiscono globalmente un nuovo punto di partenza per la contemporaneità figurativa e rappresentativa.
Uno degli artefici di queste mutazioni, artista Torinese d’adozione, andrebbe ricordato per l’attività che ha condotto anche sul piano ideologico e culturale, per la capacità di diventare elemento di attuazione di movimenti che hanno caratterizzato la scena torinese di quegli anni facendo di Torino uno dei poli di un’avventura internazionale. Ma Piero Simondo preferisco ricordarlo in modo diverso, come l’ho conosciuto molti anni dopo, verso la fine degli anni ottanta. Gli anni e le battaglie non hanno inciso sul suo desiderio di cambiare sul terreno che gli è più proprio dopo quello artistico, la didattica; le stesse idee, la logica innovativa che ha mosso lui e i suoi contemporanei a Torino negli anni cinquanta oggi è metodologia, il disordine creativo è un’esigenza di vita, un caos apparente da cui nascono e possono nascere le idee innovative.
E le idee sono indifferenti al mezzo, la creatività è qualcosa che sta dentro, che Simondo trasmette e gli ho visto trasmettere, capace di trasformare quattro muri in un atelier. I mezzi cambiano e cambiano le situazioni per rappresentare, ma vi è sempre spazio per la ricerca e dopo la ricerca la teorizzazione è quasi un mezzo per formalizzare ciò che si è appena scoperto, lasciandolo alle spalle verso nuovi orizzonti. Lo stile è quello di Torino: un’aria sonnacchiosa e musona che nasconde energie inarrestabili di sangue, ferro, colori.