KULT Virtual Press

una delle prime case editrici virtuali italiane

Lingua: italiano
Lunghezza: circa 16800 parole (tempo di lettura: 52-76 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Claudio Chillemi
Download: non disponibile
Estratto:

    Il sole di Vulcano infuocò l’aria rendendola tersa e irrespirabile. Spock chiuse gli occhi e sembrò trasalire, quindi avvolse il suo viso in una lunga striscia di stoffa azzurra, simile a quelle indossate dai beduini nei deserti terrestri. Fece alcuni passi fino ad una sorta di grotta che si apriva sulle pareti di un piccolo rilievo. Qui, si sedette in terra e con estrema calma riempì la sua mano di sabbia e aperto il pugno iniziò a contare i granelli. Il vento spirava forte, il caldo era insopportabile e strani insetti grandi poco più di una capocchia di spilla si agitavano sulla fronte del vulcaniano; ma quello era lo ‘ztap, il concentramento. Contare granelli di sabbia senza perdere la quiete sarebbe stata un’impresa disperata per qualunque grande uomo della galassia, ma colui che aveva intrecciato le trattative diplomatiche per la pace tra Klingon e Federazione, e tra Romulani e Vulcaniani, poteva ora essere da meno? Contò dodici pugni di terra rossa vulcaniana prima di chiudere nuovamente gli occhi e poggiare il palmo delle mani sul terreno ardente.
“La tua essenza è la mia essenza padre e madre di noi tutti…”, pronunciò con serenità e senza far trasparire alcun sentimento. “Donami la conoscenza del tuo più profondo essere…”, continuò.
D’un tratto il suo corpo si irrigidì, le sue mani furono assorbite dalla sabbia e scomparvero. Quindi Spock reclinò il capo all’indietro e aprì gli occhi fissando la luce solare. Rimase nella posizione dello ‘b’dack , la conciliazione con la terra che ci ha generato, per quasi due ore; poi, lentamente, mano a mano che la notte s’intravedeva all’orizzonte, le sue dita iniziarono a staccarsi del terreno, la sua testa tornò ad una posizione più ortodossa e lui finalmente la vide.
Stava retta, in piedi, a poco più di dieci metri dalla postazione del vulcaniano. La sua pelle, o meglio, quella poca parte di pelle che si vedeva, era grigia, percorsa da linee bluastre. Il suo volto mostrava i segni di un’inconfondibile provenienza aliena: occhi totalmente neri, pupille fortemente dilatate, labbra sottili, colorito pallido. Il resto del corpo era ricoperto da un esoscheletro di metallo grigio antracite; e, sul capo, una serie di circuiti luminescenti segnalavano l’inconfondibile morfologia Borg.
“Noi siamo i Borg…Ed abbiamo bisogno d’aiuto…Noi siamo i Borg ed abbiamo bisogno d’aiuto…”, ripeté la strana forma umanoide. Quindi alzò la mano destra e scomparve tra i raggi solari.
Spock inarcò il sopracciglio e, quasi facendo forza sull’aria, si mise in piedi. Fece alcuni passi in direzione di quella strana apparizione, poi si fermò e portò una mano sul capo. Scosse la testa e ritornò indietro: aveva sentito raccontare come il deserto di fuoco del sud creasse incredibili visioni che mettevano in continua soggezione la logica; avrebbe dovuto capire subito che quella era una di quelle apparizioni. Eppure…Cinse ancora una volta il suo capo col mantello e si pose in cammino.
Marciò per quasi un’ora prima di trovare un rifugio. Si trattava di una piccola costruzione di roccia artificiale che si fondeva perfettamente con l’ambiente circostante; l’unico segno che la contraddistingueva da una formazione naturale era un sigillo nero e dorato con l’effige vulcaniana che brillava ai raggi solari proprio sulla sua sommità. Il deserto del sud era pieno di quei ricoveri, in media uno ogni dieci chilometri terrestri. Essi contenevano viveri di prima necessità, un letto, e una radia per contattare l’unità di soccorso più vicina. Spock entrò senza nessuna esitazione. Una volta dentro, si svestì del pesante mantello e ordinò ad un replicatore una tazza tiepida di the terrestre. Si sedette sullo scomodo letto che era stato messo a disposizione dei rari ospiti del riparo ed iniziò a sorseggiare la bevanda tenendo gli occhi ben chiusi.
“Noi siamo i Borg ed abbiamo bisogno d’aiuto…”, quel concetto gli suonava fin troppo strano per essere un miraggio. Un miraggio riproduce immagini e suoni che sono contenuti nella mente di chi lo ha, il miraggio. Una frase del genere, in cui la spietata razza cibernetica pronunciava una richiesta d’aiuto, non era certo nella banca dati del cervello di Spock…E poi, quella strana figura, una via di mezzo tra una donna terrestre e un Borg tradizionale, dove l’aveva già vista, in quale luogo? Finito il the, decise di riposarsi prima di contattare la base più vicina e farsi teletrasportare, il vento e il suo sibilo che si riproduceva all’interno del rifugio gli infondevano un senso di calma e di rilassatezza.
Dormì quasi tre ore, quando una voce lo svegliò. Era poco più di un sussurro, ma la sua presenza era ferma e viva accanto a lui. “Noi siamo i Borg…Spock…Abbiamo bisogno d’aiuto…Abbiamo bisogno di te…Noi siamo i Borg…Spock…Abbiamo bisogno d’aiuto”. Il vulcaniano si alzò di scatto, trattenendo il respiro. Si guardò intorno ma non vide nulla, la voce era svanita similmente a come era apparsa, all’improvviso. Ma lui era certo di averla udita. “Che siano i primi sintomi della sindrome di Bendi…?”, si domandò, pensando come sessant’anni prima suo padre aveva cessato di esistere. “No, è impossibile…Alla mia età è impossibile…”.
Si sedette alla console del computer del rifugio e contattò immediatamente il centro soccorso più vicino.
“Qui è il centro di soccorso settecentocinque…”, esordì un giovane vulcaniano dai capelli insolitamente chiari.
“Parla Spock…”.
“…Vedo…”, disse l’assistente soccorritore. “In cosa posso esserle utile, ambasciatore…”.
“Vorrei raggiungere la mia tenuta, vi invio le coordinate…”.

…continua…

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