Asìntote e Triguna
‘Una rotta per Asìntote” e l’introduzione del romanzo ”Triguna”, il tutto corredato da una lunga intervista all’autore, Antonio Piras, redattore di Fantasy Magazine.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 10900 parole (tempo di lettura: 34-50 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Antonio Piras
Download: non disponibile
Estratto:
Una rotta per Asìntote
Tutto è pieno di segni, ed è sapiente chi da una cosa ne conosce un’altra.
(Plotino, Enneadi, tratt. III, cap. 7)
La torre dell’Osservatorio si erge sul tetto di poppa dell’arca-città come un fungo panciuto e precario; da qui, dall’alto del settimo livello, l’oceano sembra lontano, riesco persino a illudermi di poter prescindere dal suo abbraccio umido. Ed è una sera di calma quasi piatta, carezzata da una bava di vento che non trasporta visioni di orrendi pesci-monaco, Kraken smisurati, Architeutis tentacolari o balene-isola. E’ una sera senza mostri.
Cirrus, il vecchio Avvertitore, giace esanime sullo scanno di roverella, il suo corpo ossuto è piegato secondo angoli innaturali, acute sporgenze che la tunica leggera non riesce a mitigare. Cinque Governatori del Consiglio circondano lo scanno. Due di loro discutono in modo concitato, i volti tirati dalla preoccupazione; i mantelli blu cobalto e i piccoli delfini tatuati sopra le tempie li qualificano come Ammiragli Anziani. Gli altri, i tre in perizoma con tatuaggi differenziati su toraci e bicipiti, sono Capitani di varia levatura, e si limitano a fissare il cadavere di Cirrus con occhi vacui; i loro pensieri sembrano barcollare lungo il confine estremo che li separa da un fatale attacco d’ansia. E questo mi preoccupa. Il momento è critico, me ne rendo conto, la morte improvvisa di Cirrus ha privato Asìntote dell’unico Avvertitore qualificato, e un maremoto improvviso potrebbe sorprendere l’arca-città, investirla proditoriamente con la sua furia distruttiva. L’emergenza, però, non giustifica l’atteggiamento dei membri del Consiglio: ho sempre pensato che i Governatori non potessero soggiacere all’insidia della sindrome ansiosa, il terribile male che, con perniciosa progressività, spappola le menti del popolo del mare; ho sempre creduto che il pericolo di cedimenti psichici non dovesse riguardarli. Possibile che i Governatori, proprio loro, non conoscano le tecniche atarassiche che il vecchio Cirrus insegnava a noi allievi?
Helada m’indirizza, di sottecchi, uno sguardo significativo, per invitarmi a osservare Haze. Lo faccio. Se ne sta in disparte, appoggiato alle assi della parete, rigido come un bompresso di prora; appare più piccolo e smunto del solito, suda copiosamente, e le pupille dilatate denunciano il timor panico che sta divorando le sue circonvoluzioni. La mia preoccupazione aumenta. Haze è sempre stato l’allievo migliore, e anche se Cirrus non ne aveva ancora ufficializzato l’investitura, il più adatto a ereditarne il ruolo. E adesso scopriamo che il vecchio lo aveva sopravvalutato, tutti noi lo avevamo fatto: di fronte alla prima, seria criticità, Haze ha dimenticato ogni insegnamento, tutti i giochi mentali per ottenere lucidità e controllo, e il suo cervello sconvolto vaga fra i labirinti ovattati costruiti per lui da un poderoso attacco d’ansia. E pensare che questa è una sera tranquilla, di calma quasi piatta. Una sera senza mostri.
Spingo lontano lo sguardo, fino alla tavola luccicante dell’oceano, e l’oceano mi restituisce uno squarcio di ricordo.
***
Cirrus siede nello scanno di roverella, severo ma rilassato. Il suo volto prosciugato dalla salsedine, scuro e rugoso come una prugna secca, ondeggia impercettibilmente, inseguendo complicati pensieri segreti, e gli occhi velati d’umore, quasi ciechi, scrutano con seriosa ostinazione prima Helada, poi Haze, e infine me. Quando il sensitivo si decide a parlare, la fessura della bocca si torce in una linea dolorosa. – Avanti, Haze! – esorta con voce arrochita. – Concentrati sulla porzione di mondo che circonda l’arca: penetrala e poi descrivila.
Helada e io ci scambiamo un’occhiata complice, e lei serra con forza le labbra per reprimere un ghigno. No, non intendiamo mancare di rispetto al nostro compagno, ma sappiamo che Haze si esprimerà in modo eccessivamente forbito, così come fa sempre quando Cirrus sollecita il suo intervento. Haze sa di essere l’allievo predestinato, e non intende rendersi protagonista di una figuraccia. Non lo sopporterebbe.
– Khamsin, Helada, cercate di restare seri per una volta! – Il rimprovero di Cirrus gela la nostra ilarità. Dimentico sempre che il sensitivo non ha bisogno di occhi, riesce a leggere nelle anime con la stessa facilità con cui registra in anticipo l’avvicinarsi di un maremoto.
Haze risparmia Helada, e trapassa me con gli occhi piccoli, affilati come rasoi. Distolgo lo sguardo e fingo improvviso interesse per l’orizzonte lontano. Lui china il capo e si concentra sul gioco che condurrà la sua mente alla quiete, permettendole di entrare in sintonia con l’oceano.
– Estraggo, da un mazzo di 52 carte, un Asso, un Due, un Tre e un Quattro, e questo senza preoccuparmi dei colori – enuncia in un bisbiglio, e controlla mnemonicamente la distribuzione, così come la tecnica richiede. – Le dispongo al centro del tavolo, a faccia visibile e con i lati che si toccano, in modo che l’Asso figuri nell’angolo superiore sinistro, il Due alla sua destra, il Tre al di sotto del Due, e il Quattro sotto l’Asso. Il tavolo è costituito. Intorno alle quattro centrali aggiungo dodici carte supplementari, a faccia visibile, come un quadro intorno al tavolo.
…continua…