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Labirinti

3 min read

Dall’autrice di Ritratti e di Io confesso, una raccolta di una ventina di racconti, impreziositi da illustrazioni di Roberto Di Costanzo

Lingua: italiano

Lunghezza: circa 45900 parole (tempo di lettura: 144-208 minuti)

Prezzo: Gratis

Autore: Fortuna Della Porta

Download: non disponibile

Estratto:

Ipotesi per un suicidio



Di solito fluttuo. I miei piedi non si appoggiano.
Chi ha sperimentato il tragico distacco da se stessi, che rende estranei persino i propri pensieri, sa cosa significa trovarsi di notte davanti allo specchio del bagno con un coltello sulla gola pronto a tagliarla.
Oppure scoprire due ferite sanguinanti sull’avambraccio sinistro, senza sapere perché siano lì.
Di tanto in tanto conto i piani che separano il mio terrazzo dal suolo e a quel punto mi attacco al telefono, chiamo a caso dicendo che parto, perché quando accadrà non vorrò essere trovato.
Imbrattare l’asfalto col proprio sangue, mostrare le viscere esplose nel ruzzolone non mi sembra un buon servigio da rendere a me stesso. Non vorrei che qualcuno storcesse il naso o peggio si appartasse per un conato di vomito.
Non mi ucciderò in maniera fragorosa, insomma, sebbene debba ancora trovare la maniera raffinata che merita il tempo che ho dedicato a nutrire la mia angoscia. Sarà un atto tanto privato che gli altri finiranno con l’immaginarmi su un’isola del Pacifico con una bibita alla menta sotto uno di quei ridicoli ombrellini. Mi considerano abbastanza strambo da attribuirmi capitomboli esistenziali così audaci, come se sapessero qualcosa di me e io di loro. Come se potessimo entrare nelle teste altrui.
Io per esempio non vedo nulla intorno a me, se non esseri che blaterano senza parlare e si trascinano da un appuntamento ad un altro, da una cravatta ad un’altra, con un telefonino all’orecchio e un orologio che ticchetta troppo in fretta e precipita il tempo nella sua fine.
Mi vengono bizzarre considerazioni sul tempo, come fosse un’entità con faccia, barba e capelli e uno scudiscio per spingerci avanti. Un tiranno. Il suo ingranaggio possiede una perversione dalla quale mi tengo alla larga con i mezzi di cui dispongo.
Dovrei dire che ci provo.
Intanto non so mai in che punto del giorno, del mese e delle stagioni collocarmi. L’anestesia emotiva per fortuna mi protegge da un computo troppo raffinato e dall’appartenere a un punto preciso dell’anno. Tapparelle abbassate, tende spesse per impedire alla luce di filtrare: ecco, così mi vendico. Mi tiro fuori, mi astraggo, almeno fino a che non lancerò la mia sfida e avrò deciso a modo mio, a dispetto di quanto il carnefice ha stabilito sul mio primo vagito.
Gettarmi da una scogliera quando il mare appartiene solo alle onde, potrebbe essere un modo per lasciarlo a bocca asciutta. L’anno scorso avevo anche individuato dove, magari col buio, quando neanche io vedrei la conclusione del volo, dopo la fluttuazione.
Conosco uno strapiombo sotto il quale il mare impazza giorno e notte, mugola di bianca schiuma, con pinnacoli cangianti. Costituirebbe una culla tanto insondabile da essere perfetta.
Si trova in cima all’elenco delle possibili alternative, domina le sorelle che la seguono e mi addormento, per quel poco che chiudo gli occhi sul divano, con la sensazione dell’assenza di peso, cercando di immaginare cosa si pensi in tali frangenti.

…continua…

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