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Terra

3 min read

La ”terra” nel senso dei campi, del terreno. E si parla di poesia, di storia, di emozioni.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 3700 parole (tempo di lettura: 12-16 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Enrico Miglino
Download: non disponibile
Estratto:

Terra

Recupero questa memoria dai ricordi, senza documenti. Solo foto della campagna, delle langhe, delle colline intorno a Torino. Foto che dall’inizio degli anni ’60 fino alla fine degli anni ’80 descrivono paesaggi che cambiano al ritmo delle stagioni ma restano quasi immutati negli anni.
I contadini da sempre sono rimasti aggrappati ai campi e al loro lavoro. Non si deve pensare a questa gente attraverso l’immagine falsamente poetica e retorica dell’uomo legato alla terra e alle tradizioni, tutto d’un pezzo e immerso nella natura. Si tratta piuttosto di una mentalità contadina, altri ritmi da quelli metropolitani, diverso il modo di rapportarsi con gli altri.
Di questi contadini ricordo i discorsi ricorrenti sui giovani, i loro giovani che se ne andavano; sincera preoccupazione di chi curerà i campi, il fieno, il raccolto. Questi giovani erano anche miei compagni di scuola e certi giorni arrivavano in classe che avevano ancora addosso l’odore di sterco. Mi raccontavano di cosa significava alzarsi alle cinque di mattina per mungere, cosa vuol dire guidare il trattore a nove anni.
Noi i campi li vedevamo dal finestrino durante le gite oppure ci passeggiavamo; non capivamo bene cosa significasse e li prendevamo in giro, anche per quell’accento così marcato che li rendeva inconfondibili.
Indubbiamente la città era un mito, studiare poi un lavoro, ma soprattutto un lavoro pulito. Le vacche non ti lasciano riposare, non conoscono Natale o Pasqua, mangiano e vanno munte anche ad agosto. La città era luci, speranza, divertimento, vita. Che vita offre un paese di campagna? Trovarsi in piazza, bighellonare per le strade deserte, qualcosa in più nei giorni speciali come la festa del paese.
Le usanze più antiche sono scomparse. Momenti come il ritrovarsi la sera nella stalla o davanti al camino raccontando a turno storie e leggende diventano inattuali, in una concezione moderna di spazio abitativo. La scomparsa di questi modi di vivere non è stato solo sintomo di cambiamento ma ha anche determinato la scomparsa di momenti di aggregazione che pur rivestendo un ruolo importante sono stati rimpiazzati solo in parte.
Ho sentito per anni questa gente rapportare la fabbrica in città al lavoro in campagna che ne è uscito perdente, per certi versi considerato ”a rischio”. Naturalmente vi sono anche altre motivazioni che richiederebbero un’analisi profonda, aspetti sociali e fattori tra l’altro individuabili nella situazione economica e nei rapporti del mondo agricolo con lo stato in quegli anni.
Mi interessa invece sottolineare che questa logica di abbandono della terra l’ho vista e sentita nei toni di tristezza un po’ rassegnata di chi restava. Considerando volutamente solo gli aspetti umani di questo meccanismo, ciò che ho visto in seguito è stato un recupero di questo allontanarsi, in una sorta di equilibrio fra tradizione e innovazione.
Il contadino di oggi è ancora legato alla terra ma in modo diverso. Sa leggere il significato delle proprie radici, lavora scientificamente ma soprattutto sa di rimanere anche per il fascino irresistibile e irrinunciabile del mondo cui appartiene.

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