KULT Virtual Press

una delle prime case editrici virtuali italiane

Il racconto, scritto nel 1999, che ha fatto conoscere Christian Del Monte ai lettori di KULT Underground. Una carrellata di circa quindi ore su un gruppo di giovani che si muovono in una Bologna riconoscibile e dura, descritta nei luoghi, nelle azioni e nei pensieri, all’interno di una atmosfera unica e intensa.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 12200 parole (tempo di lettura: 38-56 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Christian Del Monte
Download: non disponibile
Estratto:

1





H 15,30. Bologna. Al primo piano di un palazzo in via Emilia Ponente.
Jasmine è nuda. Sta sul letto, le braccia strette al corpo. Stende le dita. Trattiene il respiro, la bocca chiusa. I seni le si sformano dallo sterno contro le costole. Tiene congiunte le palpebre. Passa un istante, poi un altro. Le labbra sempre più serrate. Quasi le si fanno bianche. Forse è un minuto. Adesso Jasmine è violacea intorno agli occhi; si tiene alla trapunta, le si stringe con le mani fino a non sentirsi più le unghie. Le pulsazioni cardiache le spezzano il corpo. Sente come se avesse terra dentro ai polmoni. Le orecchie prendono a fischiare. Le guance le si imporporano. Una donna le si fa di fianco e le stende sul corpo un peplo color porpora con radi disegni in oro. Le ha appena coperto il capo. Attende. Ora la solleva tra le braccia. Le avvolge il corpo dentro al peplo. Prende una corda nera di un certo spessore, posta ai piedi del letto. La volge intorno al corpo della ragazza, partendo dalle caviglie. A tratti la donna tira forte la corda. Jasmine non si muove.
La donna le cerca il seno sinistro, rigonfio di sangue; le prende in bocca il capezzolo attraverso la stoffa, per stringerlo tra i denti piano, poi coi denti più serrati. Jasmine si contrae in un corpo che si sfa in dolore. La corda le taglia la carne. Si tiene stretta alle ossa. Jasmine respira forte. Ti amo. Si sente sfiorare la testa, stringere i capezzoli. Quella le poggia sul ventre un vassoio con dentro una siringa e un taglierino. Prende il taglierino e pratica una piccola apertura nel peplo in corrispondenza dell’avambraccio. Prende la siringa. Le cerca una vena. Pratica l’iniezione. Ripone la siringa nel vassoio, quindi questo in terra. Si adagia su Jasmine, che adesso respira piano. Con lei di nuovo sopra, come sentirsi un lemure.

H 17,43. Bologna. In via Emilia Ponente.
La donna libera Jasmine, che resta immobile. Fissa la finestra. Ora si alza dal letto. Prende i vestiti da sopra la sedia vicino al letto. Va in bagno. La donna sta su un’altra sedia, poco discosta dal letto, di fianco a un tendaggio arancione che ricade sul pavimento. Attende qualche minuto in silenzio.
Jasmine ricompare. Sta dentro a un vestito multicolore in cotone con predominanza di verde sporco.
“Io vado.” Le si china sul volto. La bacia sulla guancia. Quella le accarezza i capelli, poi le natiche. L’altra le sorride.
“Ciao”
Jasmine va verso la porta d’ingresso senza voltarsi. La donna la osserva uscire, la schiena curva.
Scese le scale, attraversato il portone in vetro blu dello stabile, sta già in strada. Si muove lenta sulle gambe indolenzite, ha i tendini del collo tesi. Ci sono volte in cui si pensa di non poter avere fretta, tanto ci si sente il corpo stretto. Si guarda attorno. L’autobus…Vaffanculo. Si affretta. Inciampa. Sta per cadere. Si tiene a un palo. L’autobus no 25 le passa davanti, con la sua massa incassata di corpi. Non ce la faccio…Merda…Prende a correre. Sente una fitta crescerle dentro la coscia destra, tenerle il sottocoscia. Adesso Jasmine vacilla. Scansa un vecchio, poi una donna, quasi inciampa in un cane. Il cane le corre dietro. Lei non riesce a scalciarlo. La fermata…L’autobus sta immobile poco più avanti. Forse…L’oggetto arancione le sembra prossimo. Forse…C’è ancora gente in fila che sale dalla portiera posteriore. La fila si riduce. Jasmine si accosta a una donna. Respira a fatica. Guarda il cane. Scodinzola. Sale sull’autobus. Resta in piedi. Pieno. Sta incollata alla donna davanti, incastrata tra uomini ai lati con gli occhi fissi in terra, in un silenzio intessuto di rumori tra smagliature larghe un sorriso. La portiera meccanica si chiude. Un uomo abbastanza avanti con gli anni le si appressa dietro. Jasmine sente le sue ossa accalcarlesi lungo la schiena fino alle natiche. Avverte l’odore crudo di quel corpo asperso di borotalco e naftalina. Resta ferma. Il respiro è quasi normale. Il sudore si rapprende tra le pieghe del suo corpo, glielo scava. Il vecchio le sta sempre più addosso. Jasmine fa finta di niente. L’autobus si arresta bruscamente e provoca un contraccolpo in avanti. A Jasmine sembra che le ossa del vecchio si facciano in pezzi contro il suo corpo. Si fa rigida tra le cosce. Indurisce le natiche: il vecchio per tenersi ha posato le mani sui suoi fianchi. Le sente ruvide. Jasmine aspetta. L’autobus ha ripreso a muoversi. Il vecchio non sposta le mani. Jasmine è un pezzo di legno. Giornata di merda…Si spinge in avanti sulla donna, che di rimando le urla sul naso un distinto: “Non spingere!”. Jasmine resta confusa. Nel frattempo il vecchio ha abbassato le mani, raccogliendo tra queste le natiche. Jasmine trattiene il respiro, non sa cosa fare. Rilascia i muscoli delle gambe, cerca di respirare regolarmente. Si sente come nuda. Non riesce a reagire. Prova un formicolio sempre più intenso. L’autobus è di nuovo fermo. Aperta la portiera, Jasmine di scatto, senza riflettere travolge il vecchio e si precipita fuori. Per la strada, tra persone che fanno la fila per salire sul mezzo pubblico. Guarda le portiere chiudersi e portarsi via il vecchio con la mano sulle palle. Ha come il bisogno di urlare. La voce non le esce. Stanca ricomincia a camminare.

H 19,24. Davanti alla Feltrinelli.

…continua…

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