Sotto una luna ostile
Undici racconti – rigorosamente sotto gli 8192 caratteri di lunghezza – selezionati per la seconda edizione del concorso 8KO-, che ha visto sul podio Federico Mori e Christian Bencivenni.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 18300 parole (tempo di lettura: 58-84 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: AA.VV.
Download: non disponibile
Estratto:
A Flesh Feast
Federico Mori
Ronza nelle mie orecchie, come un giro di basso malato in cuffie di bassa qualità : si espande distorto su scale sofferenti, accostando maggiori a minori con disinvoltura infernale, precisione di cromo e litio ghiacciato, fino a quando esplode in un coro di anime dannate , mentre cerco di capire se sia reale o solo nella mia testa.
La Sala è un largo pozzo scavato nella roccia viva di una catacomba , le pareti coperte di verde muschio , l’umidità che cerca di entrare in tutte le ferite che mi hanno aperto generando una flora putrescente all’interno , martoriando un corpo che a poco a poco vedo cedere sotto i miei occhi : li sento , strisciano nell’oscurità mentre mi trascino tra le membra dei cadaveri squarciati dei miei compagni che riempiono tutto il perimetro del fondo della Sala , col fetore della decomposizione che penetra dalle carni lacerate del viso fino al cervello scavando con fredde dita , accarezzando il lobo temporale e torcendo la mia anima. Il buio è tranciato da bagliori sinistri che giungono dall’alto secondo una traiettoria ellittica: non posso più dormire, stanno arrivando, sono ai miei piedi e serpeggiano fino alle mie orecchie; le leccano con lussuria accarezzandomi la testa, sussurrando che non posso più dormire, che stanno arrivando, che sono ai miei piedi per … “ Perché non chiudete quella cazzo di bocca? Non c’è nessuno in questa sala insonne!” Grido nel silenzio , mentre i muri amplificano la mia ira, sperando di dormire , cercando di svenire, trascinandomi col moncone del braccio che striscia sinistramente sul verde pavimento, con la convinzione che tutto questo sia troppo reale per essere vero e che per un momento se ne siano veramente andati. Il dolore non lo avverto più, è un mormorio inutile attorno alla carne corrotta: non ho speranza di svenire, tutto il vomito e il sangue che potevo versare giace ai miei piedi o sulle ferite . Schianto il braccio sul muro , sebbene arrampiacarsi sia solo un miraggio lontano: trovo quasi piacere ad osservare i frammenti di ossa che esplodono ad ogni tentativo, mentre nera carne inizia a scindersi, i tendini che trascinano muscoli morti .
“ Prendine ancora di più!” Era la richiesta grugnita in atonie folli , udita fin dalla prima trasfigurazione: erano calati su di me , strisciando , affondando le fauci nel mio volto, lacerando i nervi di un occhio, piantando la lingua fino al cervello , esponendo il pallore delle ossa incise da artigli che stimolavano e riducevano a brandelli sempre più in profondità , con le urla che si disperdevano nel buio, le convulsioni che riuscivano ad eccitarli nella tempesta di carni divelte. Cosa possono ancora pretendere da me? Non c’è più niente in questa sala senza riposo , come sugli altri cadaveri che giacciono assieme a me. Cosa possono ancora volere? Non vogliono che dorma, non posso dormire più mentre mi guardano … “ Perché cazzo non mi uccidete?” Impreco contro di loro, ma ridono di me, ne sono certo. E’ come un rito , è come una litania…
“Prendine ancora di più!” Non c’è alcun limite, né alla loro ferocia, né per la mia agonia.
“Prendine ancora di più!” Cerco di dormire, di svenire, perché non mi è permesso morire.
“Prendine ancora di più!” Spero di aver perso la ragione.
Si presentano davanti a me ridendo , fumando una sigaretta i cui vortici sono ingoiati nell’oblio del buio mi afferrano per il collo incuranti dei sinistri rumori che produce una stretta inumana sulle vertebre martoriate: mi espongono schernendo, appoggiano i loro volti sul mio dolcemente , facendo penetrare lentamente le zanne nelle guance, senza l’intenzione di finirmi. Mi leccano deliziati, saggiano il sapore della pelle corrotta e avanzata, in un carosello corrotto passano innanzi a me tutti; schiantano il mio corpo contro una parete, facendogli trapassare lo strato superficiale di muschio e roccia, sprofondandolo come un grottesco Cristo: al piano superiore odo la folla che esulta eccitata, un boato di lussuria nera e perversa. E’ un crescendo, un balletto in una fogna, dove gli attori recitano una parte morbosa : non possono fermarsi, né io posso ostruirli, mentre con una mano trapassano l’addome, frugando in preda ad un orgasmo antico tra le viscere ancora calde, afferrando e titillando con forza la colonna vertebrale, pregando per una mia reazione, per una mia erezione: accarezzano gli intestini minacciandomi, promettono di tenermi in vita ancora per anni mentre succhiano con avidità dalle ferite , brindando di nera decomposizione e morte. La mia indifferenza sembra indispettirli , cercano una reazione che non verrà forzando le articolazioni più di quanto sia concesso , stuzzicando i legamenti con empietà , incidendo lentamente e con voluttà le membra marce e vessate in preda ad un delirio che ignoro o solo intravedo nell’ombra.
La smania si fa ferina ,ma la confusione prende il posto della violenza; strappano, ed è finalmente il dolce silenzio: avverto solo la mia salma che si schianta sul pavimento dopo che mi hanno estirpato dal muro come uno sterile insetto. Non avverto più nessuna presenza , non c’è più nessuno ad alitare alle mie spalle, solo il silenzio che urla e l’oblio, il sonno nel quale si agitano senza sosta simulacri di ricordi andati , in un vortice di pace assoluta.
Tuttavia, dalla quiete del non ritorno prende lentamente vita un tono senza requie, che si mischia al gracidare continuo delle immonde bestie che si annidano nelle ferite nutrendosi nel mio annullamento: una litania antica, un nenia erotica e bestiale al tempo medesimo, che culmina in un boato spietato, mentre il mio occhio si riapre su una realtà che speravo avere lasciato in un luogo lontano e anormale, ma ora ancora più esasperata dal clangore delle catene che avvolgono il mio corpo e con cui vengo percosso e inchiodato al mio destino, stritolato con ferocia, le costole che scricchiolano sinistramente alla compressione, prossime alla frattura.
“ Prendine ancora di più!” Affogano le zanne nella carne marcia, prendendo quello che rimane: la lucidità è un bene di cui non voglio più godere, cerco solo di dormire.
“ Si, ne prenderò ancora di più!” Gridano, e lo strazio non ha fine.
“ Mi faccia un rapido ragguaglio della situazione, prima che arrivino quei maledetti giornalisti…”Il primario stava osservando una cartella, mente un piccolo gruppo di studenti e l’assistente anziano trafficavano attorno ad un letto sul quale giaceva un uomo.
“ La situazione è questa: incidente d’auto , cause ancora da accertarsi; lo schianto è stato violentissimo, i passeggeri sono morti sul colpo, ma il conducente è riuscito in qualche modo a farcela, perdendo la parte del volto che va dalla guancia destra fino all’osso frontale, riportando un ingente trauma cerebrale, che probabilmente ha creato le condizioni per lo sviluppo dell’attuale stato di coma. Ovviamente, l’occhio destro è andato perso e le lamiere hanno tranciato di netto il braccio sinistro , con una frattura scomposta ed esposta che ha reso impossibile un eventuale intervento ricostruttivo. C’è inoltre da segnalare la frattura in più punti della colonna vertebrale, con conseguente perdita di sensibilità di una alta percentuale – ancora in corso di stima – del corpo. Dopo alcuni interventi al fine di stabilizzare il paziente, il medesimo è stato posto in stato di respirazione artificiale, ma poche ore fa il padre si è introdotto in sala rianimazione, staccando per alcuni momenti il respiratore. Fortunatamente, l’allarme è scattato e la respirazione è stata ripristinata entro tempi brevi, sebbene è molto probabile che ci siano danni al cervello.” L’assistente si passò una mano sul collo sudato, cogliendo lo sguardo del suo mentore.
“ Un altro dannato caso di eutanasia?” Chiese il primario cercando di comprimere il mal di testa che gli attanagliava il cranio : “Lasciamo perdere… Comunque, ottimo lavoro, ragazzi. E in quanto a lei…” Disse poi, rivolgendosi divertito al paziente:“ Certo che lei è proprio un bastardo fortunato!”
…continua…