KULT Virtual Press

una delle prime case editrici virtuali italiane

Due temi, per sei racconti in tutto: la guerra – vissuta da vittima, carnefice e straniero – e l’ombra, il mistero – che si incarna in cospirazioni, magia, e case maledette.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 13200 parole (tempo di lettura: 42-60 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Marco Giorgini
Download: non disponibile
Estratto:

Le scale

Alle cose che ci sono
e a quelle che non ci sono più

Ero perso. Scendevo le scale lentamente, tenendo una mano appoggiata contro il muro, e l’altra, contratta, sullo stomaco. La testa si stava facendo sempre più pesante, e mentre avanzavo, sentivo i pensieri farsi più confusi. Un suono ovattato, pulsante, riempiva l’aria, e gli occhi iniziavano a chiudersi. Le gambe erano sempre più difficili da muovere, e ogni singolo passo, ogni scalino, era un lungo e doloroso sforzo. Ma continuavo a scendere.

Pensavo a lei.
Pensavo al suo viso, agli occhi scuri, ai suoi capelli, e poi muovevo un po’ la mano sinistra, alzavo la gamba destra, la spostavo in avanti, e, lentamente l’abbassavo fino a che non toccava lo scalino successivo. Il buio era quasi assoluto, e, in fondo, non faceva molta differenza.
Respiravo, mi sforzavo di aprire gli occhi, mi muovevo.
Lei, nella mia mente, sorrideva. Aveva un maglione bianco, il viso leggermente inclinato sulla destra. Uno sguardo sereno, calmo. Parlava, ma io non sentivo. Muoveva le mani, disegnando nell’aria incomprensibili tratti, poi si fermava un istante, come per ascoltare una risposta che non riuscivo a dare. Prendeva il bicchiere, si versava del vino. Sorrideva. Era felice.

Cominciavo a sentire freddo. Non sentivo più bene la ruvidità del muro sulla sinistra. Forse la mia mano sanguinava, sfregata con troppa forza contro la parete. Forse stavo lasciando, lungo le scale, al buio, una scia di sangue, che qualcuno, poi, avrebbe visto e seguito, trovandoci alla fine me, disteso.
Forse mi ero fermato per un po’. Forse ero fermo da minuti, immaginandomi di continuare a scendere le scale.
Respirai con più forza, cercando un barlume di lucidità nella nebbia che avvolgeva la mia mente.

Lei intanto si era messa a mangiare. Spezzò il pane e me ne allungò una parte. Si girò di lato, salutò qualcuno che non vedevo, e poi si portò alla bocca una forchettata di spaghetti. Ogni tanto parlava, ma per me quello era un film senza audio, con i colori che stavano lentamente virando al rosso.
Non c’era molta luce. Un paio di candele sul tavolo, una lampada di lato. Il suo viso era di una dolcezza che non ricordavo, e sembrava volermi dire di più di quello che riuscivo a capire. C’era qualcosa che lei voleva dirmi, ma io non riuscivo a sentirla.

…continua…

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