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una delle prime case editrici virtuali italiane

Tre racconti surreali e angoscianti: una bottega con una strana scatola che contiene la cosa più spaventosa di tutte, una spedizione in Africa che non farà più dormire, e un mondo futuro comandato dalle macchine.
Lingua: italiano
Lunghezza: circa 7300 parole (tempo di lettura: 22-34 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Massimo Borri
Download: non disponibile
Estratto:

La bottega

La porta della bottega di Qu Liu era per Daniel come un passaggio aperto su un mondo diverso. Là dentro il tempo sembrava fermarsi per un istante, proprio mentre attraversavi la soglia, per poi riprendere a scorrere con un ritmo del tutto diverso. E gli odori! Un effluvio di cose antiche, di spezie dimenticate provenienti dai quattro angoli della terra, di pesante incenso, riempiva l’aria a tal punto da renderla come più densa e difficile da respirare. La bottega era piccolissima, almeno in apparenza. Ma una volta entrati, sembrava sempre più profonda e vasta di come la si era immaginata dall’esterno. Scaffali alti fino al soffitto, tavolini traballanti e mensole di ogni foggia e dimensione traboccavano letteralmente di ogni sorta di oggetti non tutti identificabili. C’erano animali impagliati (era un gufo quello, o cosa?) arazzi multicolori troppo impolverati per capire cosa vi fosse raffigurato, un enorme scaffale a cassetti contenente centinaia di erbe e preparati, simulacri in bronzo annerito dal tempo di più Dèi di quanti Daniel potesse conoscere, vesti riccamente decorate appartenute magari a qualche ricco mercante o a qualche cortigiano di epoche passate.
Daniel aveva preso l’abitudine di soffermarsi tutti i giorni per un po’ nella bottega, mentre tornava dalla scuola. Nonostante sua madre lo sgridasse e lo ammonisse di non mettere più piede nella ”Bottega di Erboristeria” perchè ”quel vecchio era strano” e la faceva rabbrividire, Daniel era attratto da quel luogo come il ferro da una calamita. Naturalmente la bottega gli metteva addosso una certa tremarella, ma questo faceva parte del suo fascino. A dodici anni quel posto era per Daniel il simbolo di ogni mistero e meraviglia. E il padrone, poi! La prima volta che lo aveva visto, Daniel aveva sentito l’impulso di voltarsi e correre via a tutta birra. Curvo, piccolo, la pelle del viso e delle mani gialla e incartapecorita, con mille pieghe e rughe, quasi che Qu Liu fosse stato una volta un gigante e invecchiando si fosse rimpicciolito raggrinzendosi come una mela secca. Quanti anni aveva quell’uomo? Novanta? Cento? Duecento? Daniel a volte sospettava che Qu Liu fosse più vecchio di tutte le cose che teneva in negozio. Una tremenda cicatrice gli attraversava il lato destro del volto dall’alto in basso, tagliando in due il sopracciglio canuto. L’occhio destro era bianco e cieco. Una volta Daniel si era fatto coraggio e aveva domandato come si fosse fatto quella ferita, e Qu Liu si era limitato a sollevare gli angoli della bocca in un sogghigno divertito. L’unghia del mignolo della mano sinistra era lunghissima e ricurva, come l’artiglio di un rapace. ”Per proteggermi dagli spiriti maligni” diceva lui.
Quel giorno Daniel, forse per via della mattinata particolarmente noiosa, desiderava vedere qualcosa di veramente emozionante. E così, con la voce più ferma che riuscì ad ottenere, chiese al vecchio cinese:
– Ecco… Mi mostrerebbe qualcosa… che faccia davvero… paura?
Qu Liu inarcò il sopracciglio spaccato (già questo mette una discreta paura, pensò Daniel) e ribadì, in tono distratto:
– Paura? Hmm… Questo fa paura?
E così dicendo tirò fuori da sotto il banco un barattolo di vetro pieno di un liquido giallino che conteneva un serpente annerito e morto da chissà quanti anni.
Daniel cercò di contenere una smorfia di disappunto e disse: – No, questo… Non fa molta paura… Intendevo qualcosa di veramente spaventoso, capisce…
– Capisco – Replicò secco il cinese. Rimise al suo posto il serpente sottovetro e girando sui tacchi sparì nel retrobottega. Dopo diversi minuti, quando ormai Daniel cominciava a preoccuparsi di averlo offeso, Qu Liu risbucò da dietro la tenda che velava l’accesso ai meandri più segreti della bottega. L’espressione che aveva in viso! Sembrava impossibile, ma era ancora più serio e arcigno del solito. Uscì da dietro al bancone e, giunto alla porta di ingresso, vi appese un cartello con su scritto CHIUSO, in modo che fosse ben visibile dall’esterno. Già questo strano comportamento mise una discreta fifa in corpo a Daniel. Cosa voleva mostrargli di tanto terribile? ”Forse ho fatto male a fargli quella domanda”, pensò preoccupato.
Qu Liu ritornò svelto dietro al banco, fissò Daniel per qualche intollerabile secondo, e poi tirò fuori da qualche tasca interna che doveva avere dentro la manica sinistra del suo ampio vestito di seta, un piccolo oggetto non più grande di un pugno che depose sul bancone sotto gli occhi di Daniel.
Era una strana scatola di metallo in parte annerito dal tempo (argento?) completamente cesellata dalle abili mani di uno sconosciuto artigiano con una teoria di figure minuscole intrecciate le une alle altre su tutta la superficie. La luce riflessa danzava su quei ricami di metallo, e per un fugace istante David ebbe la sgradevole impressione che le figurine cesellate si muovessero, come dotate di una vita propria. Al centro del coperchio della scatola, troneggiava un occhio di diaspro e agata talmente realistico da sembrare vero.
– Questo fa paura. Davvero paura.
Il tono serio di Qu Liu non lasciava spazio a repliche: era una constatazione di un dato di fatto, non una domanda. Eppure Daniel non poteva fare a meno di chiedersi cosa ci fosse di tanto spaventoso in quella scatoletta. Che il cinese lo stesse prendendo in giro?
Come se Qu Liu gli avesse letto nel pensiero, aggiunse:
– Quando pensi a qualcosa di terribile e spaventoso, tu pensi a mostri, a demoni, a cose che improvvisamente escono dalle pieghe più oscure della notte per portarti via. Ma questo… – e indicò la scatola con l’unghia ricurva del mignolo – …questo fa molta più paura.

…continua…

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