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Lingua: italiano
Lunghezza: circa 3600 parole (tempo di lettura: 12-16 minuti)
Prezzo: Gratis
Autore: Enrico Miglino
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Estratto:

Anni dimenticati

Saper condurre un’industria
e far politica sono la stessa cosa.
(Umberto Agnelli)

Gli anni cinquanta a Torino sono gli anni della repressione e delle schedature dei dipendenti. La FIAT sta vivendo un momento di grande crescita commerciale, politica e tecnologica, ma in quel decennio si getteranno anche le basi dei grandi cambiamenti sociali che sfoceranno in un complesso ventennio di sommosse, proteste e rinnovamenti con una messa in discussione completa e profonda delle istituzioni pubbliche e private.
L’omicidio irrisolto di Erio Codecà rappresenta un fatto emblematico di come per un considerevole periodo di tempo un fatto oscuro possa essere stato strumentalizzato a fini politici ed economici. Emblematico perché in quel periodo, ricalcando analoga matrice vi furono altri casi simili, come l’assassinio del giornalista Marino Pascoli ucciso nel 1948 nei pressi di Ravenna o l’episodio della morte di Don Bardotti, parroco della borgata di Cevoli in provincia di Pisa.
L’Ing. Erio Codecà venne ucciso alle 21.15 del 16 aprile 1952 nei pressi della sua abitazione da un solo proiettile. L’evento scatenò per anni continue indagini e congetture ciascuna sovvertita dalle successive e tutte regolarmente dissolte nel nulla.
In quegli anni la struttura della FIAT era quella di una delle più grandi aziende europee, capace di produrre nelle proprie fonderie l’acciaio di cui necessitava, in grado di dare lavoro a 134.000 unità. Il poderoso complesso industriale stava attraversando una fase di grande crescita, stipulando accordi con altri gruppi industriali e società italiane legate al mercato automobilistico.
Codecà, all’interno dell’organizzazione svolgeva un ruolo prettamente tecnico, in quanto a capo dell’Ufficio Esperienze del settore SPA, un funzionario affermato nel settore studi e progetti quindi senza alcun rapporto con le maestranze né sul piano amministrativo né organizzativo.
Scartando a priori cause dell’omicidio legate a intrighi passionali, che peraltro costituirono una pista degli inquirenti, il riferimento al movente viene fatto scivolare sulla vendetta politica di organizzazioni di sinistra; tra l’altro si cercarono anche dei collegamenti fra l’omicidio e l’esplosione dolosa allo stabilimento FIAT Officine Mirafiori mai evidenziati.
Nel corso delle indagini in cui si sospettava Codecà vittima predestinata di inafferrabili assassini vennero continuamente formulate nuove teorie. Michele Vinardi, un ex detenuto introvabile avrebbe sporto una denuncia nel 1955 che portò all’arresto di un certo Faletto, presunto omicida di Erio Codecà. Costui, che aveva partecipato alla lotta partigiana e si era trasferito a Torino dopo la liberazione venne arrestato ed assolto nel marzo del 1958 dalla Corte d’Assise di Torino (seppure condannato a 20 anni di prigione per altri omicidi commessi durante la lotta partigiana).
Ciò che oggi risulta attendibile da un’analisi dei fatti e dei documenti intorno alla morte di Erio Codecà, è l’ipotesi di omicidio inserita in una più complessa operazione di sabotaggio industriale ai danni della FIAT. Codecà era un personaggio cardine dell’azienda e attorno a lui ruotava buona parte del processo di innovazione e crescita tecnologica.
Pur trattandosi di un’ipotesi, seppure fondata, la morte di Codecà è di fatto uno dei tanti ”gialli” che lasciano in sospeso interrogativi oggi ancora attuali, su quali sono i reali rapporti fra il potere costituito e la potenza tecnica ed economica dei grossi impianti industriali.

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