2010
14
Apr
Amici fino in fondo - Stefano Cattinelli


Riflessioni e consigli di un veterinario
per accompagnare i nostri amici a quattro zampe negli ultimi giorni di vita, Firenze, Editrice
Aam Terra Nuova, 2007²
Amici
fino in fondo di
Stefano Cattinelli raccoglie Riflessioni e consigli di un veterinario per
accompagnare i nostri amici a quattro zampe negli ultimi giorni di vita, assumendo
una prospettiva precisa che, però, lascia libero il lettore di tracciare e
seguire percorsi esistenziali alternativi. Una parte considerevole del libro è
dedicata all’omeopatia e alla meditazione, ma anche chi non si sente in
sintonia con questo approccio può ricavare utili informazioni da questa
lettura.
L’autore,
infatti, mette a disposizione degli amanti degli animali la sua esperienza di
uomo, ancor prima che di veterinario, avendo alle spalle quasi due decenni di
attività professionale. Casi concreti e diversi tra loro emergono da queste
pagine, scritte sempre in modo semplice e chiaro, funzionale alla trasmissione
del messaggio da veicolare.
È
una gatta a introdurci alla lettura: e se Le gatte di notte diventano blu (illustrazione
di copertina di Tiziana Rinaldi; a fine libro, invece, accompagnano il testo
alcuni disegni a cura di Moreno Tomasetig), tante altre sono le sorprese che ci
riserva la vita, se siamo disposti ad aprirci a una completa condivisione con i
nostri amici a quattro zampe.
Nella
definizione “animali da compagnia” spesso si cela la convinzione che l’animale
debba fare solo compagnia all’uomo, e non creare “problemi”. “La puntura” cui
si ricorre di frequente per un cane o per un gatto anziano o che soffre di
qualche malattia non curabile spesso rappresenta “una via di fuga”. Dietro
motivazioni che talvolta potrebbero apparire persino nobili, non di rado si
cela il puro egoismo.
Come
ha, acutamente, osservato Tom Regan: «Ciò che dobbiamo ammettere – la verità
che dobbiamo rimarcare è che, proprio come i neri non esistono in funzione dei
bianchi, o le donne in funzione degli uomini, così gli animali non esistono in
funzione dell’uomo». Di questa verità, spesso ignorata, Giuseppe Pulina ha
scritto in Animali e filosofi di recente (Firenze, Giunti Editore, 2008).
Stefano
Cattinelli pone l’accento su quanto sia importante non confondere il nostro
dolore con quello dell’animale che ci sta accanto. Non si deve confondere nemmeno
il dolore fisico con il dolore che nasce dall’intima ferita.
Nella
nostra società, comunque, la malattia e la morte vengono occultati non solo per
quanto concerne gli animali. Da una prospettiva interessante, Cattinelli
sottolinea come anche l’uso di droghe a volte possa risultare riconducibile a
un bisogno di sfuggire alla realtà, a un’incapacità di affrontare il dolore, in
tutte le sue sfaccettature.
Occorre
riportare l’esistenza alla sua dimensione naturale: ciò implica pure
l’accettazione della malattia e della morte. Non si può tradire la fiducia di
chi pone la sua vita nelle nostre mani sin dal primo momento, sin dal primo
incontro, e fare finta che sia tutto a posto. In alcuni casi l’eutanasia potrà
rivelarsi necessaria, ma dovrà essere il risultato di un processo circoscritto,
non generalizzato, di un’evoluzione matura e consapevole.
Da
consigli pratici e spiccioli (come coprire il cane o il gatto che può
presentare piaghe con un lenzuolino, per ripararlo dalle mosche, quando lo si
tiene all’aria aperta) a una filosofia di vita onnicomprensiva ma individuale
(ogni lettore ne trarrà le proprie conclusioni), le riflessioni di questo
veterinario possono aiutare il lettore sensibile, dargli conforto e maggiore
serenità nell’affrontare l’ultima tappa del viaggio con il proprio migliore
amico.
È
anche vero che la soglia del dolore è diversa tra uomo e animale, però questa può
diventare un’affermazione pericolosa, se finisce in bocca a un non amante degli
animali: «Vi hanno mai colpito con uno stivale? A me sì. Vi siete mai beccati
una mattonata tra le costole? Io, di mattonate ne ho rimediate abbastanza. Ho
provato di tutto, accetto la mia sorte, e se ora piango, è soltanto per il
dolore fisico e per il freddo, perché il mio spirito non si è ancora spento…è
tenace, lo spirito di un cane.» (Michail Afanas’evič Bulgakov).
Occorre
tener presente che la vita di un cane o di un gatto non è data dal solo
espletamento dei bisogni fisiologici, non è un semplice camminare, correre,
mangiare, bere… Inoltre, l’organismo dell’animale è capace di adattarsi a nuove
situazioni in modo spesso sorprendente. Il cane o il gatto disabile si
concentra su cosa può ancora fare, anziché pensare a quello che non gli è più consentito.
Frutto di una mente semplice? Anche fosse, di certo efficace. Per esempio, come
per l’uomo, anche per il cane o per il gatto se sopraggiunge la cecità, si
acuisce l’udito. Sta al compagno umano riuscire a colmare le lacune, favorire
l’adattamento, tenere impegnato il proprio amico in attività che ancora sono
possibili. E allora l’aiuto sarà sempre reciproco.
Sir
Walter Scott scrisse: «A volte mi sono chiesto perché / la vita dei cani è
così breve e sono convinto / che questa sia una forma di compassione nei
confronti della razza umana; / perché se soffriamo così tanto quando dobbiamo
separarci da un cane / dopo aver vissuto con lui dieci o dodici anni, cosa
succederebbe / se vivessimo con lui il doppio di questo tempo?».
La
casistica è estremamente vasta e variegata. Può succedere a volte che l’uomo,
davvero temendo di essere egoista, per una sorta di ipercorrettismo, andando
contro i propri desideri, scelga l’eutanasia non come facile scappatoia ma
pensando di fare solo del bene al proprio animale, di trovarsi di fronte a una
scelta obbligata. A dire: un atto di coraggio, convincendosi così che sia
possibile farsi carico delle sofferenze maggiori, risparmiando dolori ulteriori
al proprio cane o gatto.
A
volte alcuni veterinari si rifiutano di praticare l’eutanasia, pur sapendo che
ci saranno altri colleghi disposti a compiere il gesto estremo. Per esempio, ne
L’agenda del cane (a cura di Oscar Grazioli, Renzo e Roberto Allegri; Milano,
Gruppo Editoriale Armenia, 2002), si riporta il caso di un cocker spaniel:
egli, appena messo sul tavolo, diede la zampa alla veterinaria; la dottoressa,
colpita da questa gentilezza, si rifiutò di praticare l’eutanasia e, poco dopo,
una famiglia lo adottò, dimostrando di conoscere il significato profondo
dell’essere Amici fino in fondo.
Anche
Cattinelli scrive di cani gatti e altri animali usando i pronomi personali “lui
lei loro”, anziché “esso essa essi”, perché il rispetto coinvolge pure il
linguaggio. Sono dannosi atteggiamenti avversi nei confronti degli animali
anche da parte di chi non ha alcun rapporto fisico con loro, ma comunque istiga
alla violenza o al disprezzo o all’indifferenza verbalmente. Sono atteggiamenti
che non vanno mai sottovalutati.
L’autore
sottolinea l’importanza di aiutare il cane o il gatto a lasciare il mondo
terreno in serenità, secondo natura. Se chi ci è stato a lungo fedele sente che
noi non ce la faremo senza di lui, farà di tutto per “non lasciarsi andare”.
Pensieri come: come farò senza di lui?, non potrò amare nessun altro
come lui, non prenderò mai più un altro cane, “trattengono” la
creatura. È importante affrontare anche la morte come un evento quotidiano, un
momento di crescita cui non ci si può sottrarre ma dal quale si può ricavare un
arricchimento ineguagliabile.
Per
approfondimenti sull’argomento rinvio a: www.stefanocattinelli.it.
Restare
Amici fino in fondo implica l’accettazione di tutto quello che la vita
comporta, le sue realtà ossimoriche, La gioia e il lutto (per rammentare
un’opera di Paolo Ruffilli), il Duro e Tenero che, con parole di
Robindronath Tagore, è: «quel fuoco di morte / pieno di vita»; «L’amore piange,
ride, asciuga le lacrime, / desidera ed ha, poi perde ancora!». E ancora Gibran
Kahlil Gibran, ne Il Profeta, scrisse: «Più a fondo vi scava il dolore,
più gioia potete contenere», in sintonia con il pensiero di Hofmannsthal.
Amici
fino in fondo è
un libro su cui riflettere e da far circolare, perché è un atto d’amore nei
confronti dei nostri animali.
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