Cuba
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La disillusione rivoluzionaria
Non sono molti i cubani che sostengono ancora di essere comunisti. Noi almeno ne abbiamo incontrati pochi e quei pochi fanno tanti distinguo, tirano in ballo il passato, Che Guevara e Camilo, dicono che adesso Fidel Castro è troppo cambiato. Nessuno difende il regime e noi siamo i primi a dire che nell'attuale momento storico è difficile difenderlo. Non siamo qui per dare giudizi morali e dire che i costumi con gli anni sono andati peggiorando e che le generazioni post rivoluzionarie sono peggiori delle precedenti. Può essere anche vero, ma non è compito nostro stabilirlo. Sta di fatto che sono rimasti in pochi a credere nella bontà della rivoluzione e che oltre dieci anni di periodo speciale hanno fiaccato ogni convinzione politica. Il famoso discorso di Fidel Castro del 1989 invitava il popolo a ''stringere la cintura''. Adesso i cubani dicono con una divertente barzelletta che nelle loro cinghie manca lo spazio per i buchi. Quella che un tempo era una popolazione tendente all'obesità adesso può vantarsi di esportare la dieta migliore per tenersi in forma. La ''cura Fidel'', come la chiamano scherzando i cubani, soprattutto gli avaneri che sono i più spiritosi e irriverenti nei confronti del potere. Il crollo del muro di Berlino e la fine dei regimi comunisti, che acquistavano prodotti come la canna da zucchero e inviavano in cambio petrolio a prezzi politici, ha prodotto la crisi economica che ancora attanaglia l'isola caraibica e non accenna a finire. Il periodo speciale ha avuto momenti durissimi nei primi anni di proclamazione. Gli avaneri sono anche scesi in piazza per manifestare contro Fidel e il Comandante ha dovuto sedare le proteste di persona facendo ricorso a tutto il suo carisma. Non si trovavano generi alimentari, soprattutto la carne, la libreta del razionamento garantiva solo pochi quantitativi di riso, fagioli e latte per i bambini, al massimo qualche uovo. L'embargo americano diventava ancora più insopportabile, i medicinali e altri generi di prima necessità erano introvabili. Il periodo speciale segnava l'inizio di un'economia di guerra, con razionamento di combustibili, generi alimentari ed elettricità. Le città diventavano semibuie e l'apagon (il black out energetico) era ogni giorno compagno non gradito delle famiglie cubane. I mezzi pubblici scarseggiavano, le biciclette sostituivano le auto e non si trovavano pezzi di ricambio per riparare motori e carrozzerie.
Il recente film Lista de espera di Juan Carlos Tabio dà un'esauriente quadro di questa situazione. Nella pellicola un gruppo di cubani di varia estrazione sociale si ritrova in una stazione di servizio ad attendere la partenza di una corriera che non arriverà mai. Il regista mette in mostra tutta la voglia di non arrendersi dei cubani e la fantasia che anima le loro azioni alla ricerca di una soluzione.
E' normale che tante spiegazioni storiche e politiche il cubano medio non le possa comprendere, perché è lui che vive problemi e mancanze sulla propria pelle e ne sopporta le conseguenze. Chi ha un malato terminale in casa e non possiede un antidolorifico non può contentarsi di sapere che non lo trova perché c'è l'embargo statunitense. Infatti sa benissimo che alla farmacia internazionale del Vedado hanno gli armadi pieni di morfina, Taradoll e ogni tipo di calmante, come sa che occorrono dollari per acquistarle. E allora la tanto osannata assistenza sanitaria del regime va a farsi benedire, perché se è vero che i medici sono gratuiti è anche vero che serve a poco avere la prescrizione di un medicinale che nessuno può permettersi di acquistare. Solo chi ha un parente oltre confine riesce a cavarsela e i cubani di oggi vivono quasi tutti di modeste rimesse dall'estero. Chi ha una figlia sposata in Europa, chi un figlio scappato a Miami su di una zattera ai tempi dell'apertura del Mariel, chi un parente che ha trovato un lavoro fuori per un caso del destino. Le medicine le mandano loro e spesso vanno a finire in una sorta di mercato nero della sofferenza. La stessa considerazione vale per vestiti, giocattoli, quaderni, penne e tutte le cose che vengono dall'estero in occasione delle frequenti visite da parte dei familiari emigrati. Per un po' i regali vengono utilizzati, poi, una volta finito il denaro, sono venduti al mercato nero per comprare qualcosa da mangiare.
Ecco perché il cubano non può più essere comunista.
...continua...
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Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Collabora con
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