Ogni giovedì col tempo che fa
Commenti (Chet Baker suona, come solo lui sa fare; è Chet.
La scena è classica: qualcuno che segue qualcun altro e tutt'intorno un'atmosfera che è un misto d'ansia e d'attesa avvolge ogni cosa; con lo sguardo i protagonisti cercano un complice, sospettano.
La donna è affascinante, sinuosa, longilinea, insomma, in regola con i canoni estetici di moda, cioè un po' androgina, con pochi fianchi, poco seno (sic!) e un visettino tanto carino. Capelli: soffici, appena sfornati.
L'uomo è rapido, ha imparato a esserlo.
Ogni giovedì vede uscire la donna da un portone. In quel portone la donna ci entra ogni giovedì, ci sta per qualche ora, poi, una volta fuori s'incammina. Raggiunge la macchina nel parcheggio della stazione, sale, sorride e va via.
Tra il portone e il parcheggio: ottanta metri e due semafori; una distanza percorribile, in condizioni normali (senza pioggia), in un tempo che può variare da tre a sette minuti; i semafori rossi, la pioggia...
Da otto mesi, dal momento in cui si è accorto dell'esistenza della donna, ogni giovedì, l'uomo, in un tempo inferiore ad un tempo che può variare da tre a sette minuti, abbandona il bancone del bar in cui lavora da sette mesi e tre settimane, i suoni caldi di Chet Baker e si precipita verso la stazione, percorrendo una strada più lunga di quella che farebbe in condizioni normali; di corsa, ogni giovedì, con Chet Baker che risuona nella testa, con la rapidità che serve per passare inosservato, passando col rosso, pur di arrivare per primo alla macchina, lasciare un fiore sul parabrezza, nascondersi a guardare e osservare.
Osservare la donna che come ogni giovedì sorride, si guarda intorno meravigliosamente meravigliata, sorride, apre lo sportello sovrappensiero, si rimette in macchina e parte, via verso chissà dove.