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2010
6
Dic
Il vicolo blu
Commenti (
Sellerio Editore
Palermo
Narrativa romanzo
Pagg. 284
ISBN 9788-389-1841-4
Prezzo € 9,00
Magia sublime
“Nel frattempo dalle colline vicine, che si
estendevano in una linea che andava da occidente ad oriente dove per prima il
giorno imbruniva cominciavano a cantare gli assioli.
Come si sa, sono uccelli notturni, per
natura tristi, il cui canto, a differenza di quello dei grilli, pareva
disassimilasse lo spazio, ossia lo trasformasse in rotonde isole sonore
intercalate da pause di silenzio che si formava fra melograni, carrubi e
mandorli; o si infossava nelle grotte e nei botri profondi.”.
Con Il vicolo blu Giuseppe
Bonaviri ritorna al suo paese natale, Mineo, a distanza di anni da Il
sarto della strada lunga. E’ trascorso molto tempo e quella sua
naturale vena poetica, accompagnata da un’analisi ontologica di ogni essere
reale, si è notevolmente affinata, così che questo lavoro di fissazione della
memoria riesce a giungere a risultati straordinari, di palpitante intensità e
commozione.
Il mondo rurale, povero, quasi derelitto,
ma ricco di una solidarietà oggi sconosciuta, con tutti i suoi contrasti,
sorretto da una fede panteistica, viene tratteggiato in modo esemplare.
E la vicenda di una modesta villeggiatura
d’epoca, una fuga dal buio dei vicoli di Mineo, assurge a una gigantesca corale
sinfonia in cui ogni elemento della natura, uomini, animali, vegetali, perfino
sassi, ha la sua voce, la sua tonalità, si imprime indelebilmente nell’animo
del lettore, consapevole che Bonaviri con questo suo lavoro ha cantato un mondo
che non esiste più.
Sono tanti i passi in cui la vena poetica
dell’autore trascende dalla visione apparente per entrare in un’atmosfera di
elevata intima spiritualità, pagine a cui lasciarsi andare, volando oltre la
nostra realtà per ritrovare il respiro dell’eterno che tanto ci manca.
E’ la Sicilia antica quella così
mirabilmente descritta, in una visione teocritea che raggiunge vette sublimi e
che solo nelle Bucoliche di Virgilio ho potuto constatare.
Bonaviri, con quella sua aria pacata, per
nulla saccente, sembra volerci dire che se il destino dell’uomo è rincorrere
vanamente se stesso, c’è un altro mondo intorno a noi, in cui entrare con il
cuore e scoprire meraviglie che la nostra scienza, perfetta, ma arida, ci ha
con il tempo nascoste.
Un semplice temporale, con il mutare del
colore del cielo, l’afrore della terra zuppa d’acqua, le reazioni degli animali
e degli uomini sono il preludio a pagine ancor più intense, come quelle della
raccolta delle stelle cadenti, in cui la fantasia, nel superare la realtà, ci
restituisce questa in un’altra dimensione, con l’uomo che, da oggetto del
disegno imperscrutabile dell’universo, ne diviene soggetto, partecipe e non più
succube, fermo restando la sua limitatezza di essere infinitesimale, un atomo
di un progetto troppo grande per essere compreso.
La vita di ogni giorno, così misera, con i
suoi lutti e le poche gioie, finisce con il diventare l’occasione di continue
scoperte, di meraviglie che affascinano non solo i bimbi protagonisti, ma anche
gli adulti; è questa una civiltà arcaica, di forti contrasti, in cui un
contadino è capace di comporre una laude per violino sulla morte dei capretti
sgozzati, o dei papaveri tagliati durante l’aratura. In tal modo fra la magia
dei fanciulli e il naturalismo senza tempo degli adulti non c’è contrasto, anzi
si instaura un’armonia perfetta.
Tutto procede secondo natura, non c’è tempo
e nemmeno l’occasione per le attuali depressioni, perché il vivere a stretto
contatto con il mondo che ci circonda e che procede immutabile da secoli, a
parte la ciclicità delle stagioni, induce l’uomo a scoprirne l’essenza, a
considerarsi parte integrale dello stesso senza superbia, con la immensa
modestia degli umili, con quella capacità di trascendere la realtà che il
progresso ci ha tolto.
Bonaviri ha saputo trasmetterci non solo
questo suo messaggio di avvertimento, affinchè la nostra civiltà rallenti la
sua corsa inutile, ma ci ha portato con lui in questo altro mondo, dove la
dolcezza dell’asina Ririrì incanta e intenerisce il cuore, dove la solidarietà
della povera gente permette un funerale quasi pagano a un bimbo morto a nemmeno
due mesi di età, dove la scomparsa per tetano di un compagno di giochi è
vissuta in un lutto collettivo non di circostanza, ma di profondo affetto.
Il vicolo blu è il testamento
letterario di Giuseppe Bonaviri, in cui generosamente ha lasciato a tutti la
sua visione della vita, stupendoci dalla prima all’ultima pagina, in una
narrazione che riesce a giungere più volte a vette sublimi, proprie di quello
che può essere considerato un autentico capolavoro.
Giuseppe Bonaviri, nato nel 1924 a Mineo, in provincia di Catania, è scomparso nel 2009. Primo di cinque figli di un sarto, Bonaviri
ha vissuto per anni a Frosinone dove ha esercitato la professione di medico.
Fra le sue opere più note: Il
sarto della strada lunga, Il fiume di pietra, La divina foresta, Notti
sull’altura, L’enorme tempo, Silvinia, L’infinito lunare, Il dottor Bilob,
L’incredibile storia di un cranio, Il vicolo blu